Di passaggio a Reggio Emilia, stazione storica (non quella supermoderna che sta chilometri fuori dal centro, due stazioni per 180mila abitanti, quando si dive avere culo), e mentre aspetto notizie circa il mio appuntamento che causa avaria ritarderà una ventina di minuti, vengo assalito dai fanatici di quella setta religiosa, una delle tante, per i quali è parte del loro credo importunare pesantemente i passanti, o coloro che stanno tranquillamente per i fatti loro in attesa di continuare a fare i fatti loro, con quello che essi raccontano essere la parola del loro dio. E non c’è verso di dissuaderli.
Si avvicina così il giovane di etnia africana di corporatura al quale non faccio finire il “Posso…” rispondendo con ferma gentilezza: “Non sono un uomo socievole, si allontani per favore”; non basta il successivo “Non voglio sentire nulla su quello che lei chiama dio”; non basta nemmeno il “Do stop bloody talk to me”. Il poverino insiste: si sente dentro la sua missione. Gli spiego che la molestia può sfociare nel reato. Non capisce. Ripeto con fermezza: chiamo la Polizia. “Fai come vuoi, ho il diritto i fare quello che voglio”.
L’articolo 660 del Codice Penale stabilisce che:
“Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito, a querela della persona offesa, con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.
Si procede tuttavia d’ufficio quando il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.”
Così chiamo la Polizia. Appena capisce che faccio sul serio si allontana e scompare. Dissolto nella sua pinguedine. Faccio ciò che devo, spiego e spiegone e me ne posso stare tranquillo. Nulla in contrario a che le persone ne avvicinino altre con il desiderio di renderle più felici in nome di un dio qualsiasi o per buon cuore. Ma il limite tra il proprio insulso fervore, la propria stitica sensibilità e la rottura di coglioni deve essere invalicabile e non soggetto ai “faccio quello che mi pare”.
(28 giugno 2025)
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